Nell’ambito delle celebrazioni del quattrocentocinquantesimo anniversario della nascita di Claudio Monteverdi, il Teatro La Fenice di Venezia ha ospitato l’unica tappa italiana del tour europeo del Monteverdi Choir and Orchestras e Sir John Eliot Gardiner con la rappresentazione delle tre opere pervenuteci del primo grande operista della storia.
Venezia, patria di adozione del divino Monteverdi, ha ospitato nel suo celeberrimo Teatro la messa in scena in ordine cronologico delle tre opere della produzione operistica del cremonese, sopravvissute in forma pressoché completa: L’Orfeo, Il ritorno d’Ulisse in patria e L’incoronazione di Poppea, anche se solo Orfeo risulta ascrivibile a Monteverdi, mentre si sospetta semplicemente attribuite al «sommo musicista» le altre.
Due recite per ciascun titolo dal 16 al 21 giugno, in una settimana densissima per il nostro Teatro che ha altresì presentato la nuova stagione e conferito a sir Gardiner il prestigioso Premio Una vita per la musica 2017.
Abbiamo assistito il 19 giugno all’Orfeo ed è stata una recita indimenticabile.
L’allestimento è stato affidato per la parte musicale a Sir John Eliot Gardiner, specialista di questo repertorio e curatore dell’edizione di Orfeo pubblicata da Chester Music e utilizzata in questa produzione e, per la regia, al maestro inglese insieme a Elsa Rooke. In realtà la regia è più una mise en espace, nella quale i cantanti si muovono e agiscono intorno all’orchestra collocata in proscenio, ed è assolutamente adeguata all’eleganza richiesta. Nulla più del necessario, dunque, ma gli affetti raggiungono il pubblico, totalmente catturato dalla narrazione del celebre mito.
Sul praticabile in fondo al palcoscenico è schierato il Monteverdi Choir, di eccelsa bravura, per gli interventi corali, e da lì si staccano ugualmente i cantanti protagonisti della vicenda che interagiscono scenicamente anche con l’orchestra. L’atmosfera bucolica riporta con le sue danze ad un clima pastorale in grado di scivolare con grazia nella tragedia del protagonista.
La scenografia è totalmente assente: l’aspetto drammatico è suscitato dalla fusione della musica con il testo di Alessandro Striggio e dall’interpretazione resa dal cast. «Al contrario dell’opera settecentesca o romantica – spiega Sir John Eliot Gardiner – Monteverdi non richiede un coinvolgimento di particolari forze scenografiche o l’utilizzo di macchinerie teatrali».
Il tutto è impreziosito e sottolineato dal disegno delle luci di sala e palcoscenico progettato da Rick Fisher e dai semplici, funzionali costumi di Patricia Hofstede per il suo Atelier Paradis.
Di grande effetto e decisamente fastosa la toccata che si suona avanti il levar de la tela, che è stata preceduta da due colpi di tamburello ed eseguita da una fanfara di trombe e tromboni entrati dal fondo della platea che da lì ha raggiunto il palcoscenico per lasciare spazio alla narrazione.
L’orchestra, English Baroque Soloists, composta prevalentemente da giovani, risulta molto omogenea e offre una felice idea di “orgoglio di appartenenza” e di affiatamento anche umano. Gli archi, un clavicembalo, il “regale”, l’arpa cromatica, i cornetti, i flauti, le tiorbe e gli strumenti del “continuo” sono impiegati con estrema attenzione alla prassi esecutiva, le sonorità e le dinamiche sono curate in tutte le sfumature e l’intonazione è impeccabile.
I cantanti, anch’essi giovani, dimostrano una matura consapevolezza stilistica e c’è da segnalare che tutti si alternano nelle rappresentazioni delle tre opere, in un tour de force molto stretto tra prove e recite.
Tutti vanno menzionati per il rigore tecnico, l’eccellente dizione italiana , l’intonazione perfetta.
Krystian Adam, tenore che dà voce ad Orfeo, ha commosso il pubblico per l’intensa e interiorizzata espressività drammatica, nonché apprezzato per la sicura agilità nella coloratura.
Hana Blažiková, soprano cèco impegnata nel doppio ruolo di Euridice e della Musica, ha sfoderato una duttile vocalità limpida, Gianluca Buratto ha reso con ricchezza di colori e vigore vocale i ruoli di Caronte e Plutone. Precisi e credibili nei loro ruoli anche la Ninfa di Anna Dennis e la Proserpina di Francesca Boncompagni; Lucille Richardot, Messaggera, Francisco Fernández-Rueda, Pastore I; il controtenore sud-coreano Kangmin Justin Kim, Speranza; Furio Zanasi, Apollo. Si disimpegnano con onore anche il tenore scozzese Gareth Treseder, secondo Pastore, nel quart’atto anche Primo spirito e nel quinto Eco; il controtenore polacco Michał Czerniawski, Pastore III; e il baritono statunitense John Taylor Ward, Pastore IV e nel quart’atto anche Terzo spirito e, infine, il tenore statunitense Zachary Wilder, che ha dato voce al Secondo spirito.
Il pubblico ha decretato con un lunghissimo applauso e ripetute chiamate alla ribalta il successo di questa superba produzione.