Aldo Manuzio: Umanesimo in formato tascabile

Ritratto di Aldo Manuzio

«Non c’è manuale di storia della letteratura che possa, per Venezia e per tutta Italia, sostituire gli Annali di Gabriel Giolito del Bongi, per Firenze il catalogo delle stampe del Torrentino, per Roma del Blado, e così via». In tal modo un italiano d’Inghilterra, Carlo Dionisotti, forse il più grande storico della nostra letteratura, certamente il più grande per quanto attiene alla storia del Rinascimento, affidava al suo celebre saggio La letteratura italiana nell’età del Concilio di Trento, uno dei suoi più noti apoftegmi: la storia culturale italiana passa inevitabilmente attraverso l’iniziativa dei tantissimi stampatori, piccoli, medi, grandi che nel XVI secolo promossero in ogni angolo d’Italia, con iniziative più o meno avvedute, la diffusione della lingua e della letteratura in volgare attraverso la pubblicazione di una quantità di libri mai vista prima.

Manoscritto antico conservato agli Archivi di Venezia

Fu una vera rivoluzione, per ripercorrere la quale è necessario fare i conti con nomi che ai più suonano nuovi: come Gabriele Giolito de’ Ferrari, stampatore originario di Trino vercellese, che a mezzo il ’500 mise in piedi la più importante e intraprendente tipografia italiana. Salvatore Bongi ne compilò gli annali (l’elenco cronologico delle sue edizioni corredato da precise descrizioni bibliografiche) grazie ai quali riusciamo a seguirne le strategie imprenditoriali e dunque capiamo gusti, orientamenti, oscillazioni del mercato e dei lettori del tempo. E a conferma di quanto scriveva Dionisotti, proprio The printing revolution è il titolo che Elisabeth L. Eisenstein volle dare al suo saggio uscito nel 1979 per i tipi della Cambridge University Press. Un saggio importante e presto tradotto (per vero con titolo non felicissimo, La rivoluzione inavvertita) anche in Italia, che aiutò a riflettere, accademici e non, sull’impatto che in ambito storico-culturale (e non solo) ebbe l’invenzione della stampa a caratteri mobili.

Se esistette uno stampatore che seppe incarnare più di ogni altro questa armonica fusione di cultura e imprenditoria questi fu Aldo Manuzio, laziale di Bassiano approdato a fine ’400 a Venezia dopo un breve periodo a Carpi come precettore della famiglia Pio. Dotto di latino e greco comprese che per stampare testi di qualità occorreva avvalersi di collaboratori capaci e li trovò nelle scuole della cancelleria veneziana e nella vicina Università di Padova. Qui e lì poté procurarsi i manoscritti utili a realizzare il proprio ambizioso progetto editoriale: la stampa di testi greci, soprattutto classici. Venezia era «quasi una seconda Bisanzio» come scriveva il coltissimo cardinale Bessarione al doge Cristoforo Moro nel 1468: il contatto con la comunità greca, prima di tutto locale, era dunque promettente. I classici greci, i filosofi, erano le colonne, i fontes, su cui si reggeva la cultura occidentale di base latina: non si dava conoscenza dell’una senza conoscenza dell’altra. Il progetto partì ambizioso con la stampa delle opere di Aristotele e di Aristofane, volumi curatissimi e costosissimi, anche per il Manuzio che presto dovette rivedere il piano di spesa e la linea editoriale.

Libro originale d’Aldo Manuzio datato 1494

Lo aiutò un umanista principe, l’allora giovanissimo Pietro Bembo, impegnato nella battaglia che l’avrebbe portato ad affiancare ai classici greci e latini i classici italiani, Dante e Petrarca, promuovendo la cultura volgare allo stesso rango delle sorelle maggiori. Manuzio assecondò questa seconda rivoluzione culturale, interna alla prima, con l’ennesima, intelligentissima proposta editoriale: volumi piccoli, tascabili da portare in mano (enchiridia, in greco), stampati con un carattere nuovo, l’italico o corsivo che ancora oggi usiamo scrivendo al computer. E mentre stampava Dante, Manuzio stampava identicamente anche Virgilio, a sigillare la pari dignità degli auctores. Stampava, beninteso, il nudo testo, liberandosi dei selvosi commenti della tradizione accademica che normalmente circondavano, soffocandolo, il Virgilio o l’Orazio. Era un chiaro ammiccamento a un nuovo pubblico di lettori, sufficientemente colti da leggere i nostri classici senza ausili esegetici. Anzi, era Manuzio stesso a creare un nuovo pubblico di lettori. Ma la passione per il greco non venne meno. Rinvigorite le casse dell’azienda grazie alle nuove proposte, si poté riprendere anche la stampa delle opere greche che proseguì fino quasi alla morte del tipografo (1515).

“Erasmus Adagia” originale

La fitta trama di relazioni imprenditoriali, il progetto culturale, la cura filologica che Manuzio mise nella preparazione dei testi greci può essere ripercorsa agilmente grazie alla raccolta delle sue lettere prefatorie ripubblicata in traduzione italiana da Adelphi per cura di Claudio Bevegni (A. Manuzio, Lettere prefatorie a edizioni greche, Milano, Adelphi, 2017; 22). è doveroso dire ‘ripubblicata’ perché una prima edizione integrale, con traduzione e note, di tutte le prefatorie era uscita nel 1965 in due sontuosi volumi curati da Dionisotti e da Giovanni Orlandi (Aldo Manuzio editore. Dediche, prefazioni, note ai testi, Milano, Il Polifilo, 1975): un monumento insostituibile (e costoso) di storia della cultura e dell’erudizione umanistica. La proposta Adelphi consente ora di fruire delle prefazioni ai testi greci a un prezzo conveniente e di poterle leggere in traduzione italiana, giovandosi di un essenziale apparato di note illustrative. Precede il volume un saggio del filologo Nigel Wilson (Manuzio editore e filologo) che aiuta a contestualizzare i testi. Bevegni si appoggia dichiaratamente al lavoro di Orlandi ma tiene d’occhio anche la traduzione inglese recentemente procurata dallo stesso Wilson (Aldus Manutius, The Greek Classics, Cambridge MA, Harvard University Press – The I Tatti Renaissance Library, 2016).

Précieux livre d’époque conservé à Venise

Emerge un profilo a tutto tondo dell’ambiente culturale cui Manuzio attingeva per giovarsi di collaboratori dotti e preparatissimi, indispensabili per confezionare le proprie edizioni. Diede vita per questo anche a una Accademia greca ai cui membri (pochi i nomi certi) era fatto obbligo di parlare in greco e di cui resta, in un’unica copia, anche il regolamento (il nòmos, opportunamente ripubblicato in Appendice). Fra tutti coloro che furono coinvolti nell’impresa aldina spicca l’erudito cretese Marco Musuro (su cui ora si vedano D. Speranzi, Marco Musuro. Libri e scrittura, Roma, Acc. Naz. dei Lincei, 2013; L. Ferreri, L’Italia degli Umanisti. Marco Musuro, Turnhout, Brepols, 2014), capace di una perizia proto-filologica che sorprende ancora oggi; ma non mancano figure minori, come l’oscuro umanista bergamasco Giovanni Perlanza de’ Ruffinoni detto Calfurnio – professore di retorica a Padova nell’ultimo quindicennio del ’400 e dotato di una cospicua biblioteca privata – che prestò a Manuzio il proprio codice di Erodoto da cui fu tratta l’edizione del 1502.

L’ancre et le dauphin, symbolisant les éditions manutiennes

E tra grandi e piccoli capita di perdersi: l’Umanesimo è po’ come la montagna, esige prudenza e preparazione specifica o si va a rischio di scivoloni. Così proprio il bergamasco Perlanza ritorna Planza (come recitavano biografie ormai datate); del dotto frate Urbano Dalle Fosse (autore della prima grammatica greca in latino stampata da Aldo) si precisa che era «detto Bolzanio, ma in realtà era nativo di Belluno»: ma il Bolzanio umanistico nulla aveva a che fare col Bolzano altoatesino e tutto con la frazione di Bolzano bellunese, di cui il frate era originario; il veneziano Ermolao Barbaro verrebbe equiparato da Aldo al Poliziano forse «per compiacere alla propria città di elezione», ma per chi abbia anche solo sfogliato le sue Castigationes plinianae (per non dire della considerazione di cui godette presso lo stesso Poliziano) questa è affermazione che merita maggiore riflessione.

Nell’accogliere dunque con favore la provvida iniziativa editoriale dell’Adelphi, che sempre mostra un occhio di riguardo per l’alta cultura, chiudiamo facendo nostro l’invito di Dionisotti a collocare e incontrare questi valorosi umanisti, grandi e piccoli, nel loro tempo, nei loro luoghi, con i loro nomi.

 

Détail du plan de Jacopo de Barbari, 500′, du pont du Rialto de Venise, la ville d’élection d’ Aldo Manuzio.

 

Articolo pubblicato su Alias Domenica, rubrica culturale del Manifesto.it  gentilmente dato in concessione per i lettori di Luxeavenise:

https://ilmanifesto.it/manuzio-umanesimo-veneziano-in-formato-tascabile/

 

Paolo Pellegrini: PhD in Philology of Italian Literature (Humanistic Philology), Tenured Assistant Professor in Italian philology and linguistics (SSD 10/F-3) Verona University – Department of Cultures and Civilizations, licensed to the role of Full professor (2017).  He will be research fellow at NY Italian Academy – Columbia University (January 1st – April 30th). He is member of the PhD board of Philology, Literature and Linguistic Studies (Verona University). Since 2015 he has been partner of the Scientific board of the International Summer School of Dante Studies (Catholic University ‘S. Cuore’ Milan – Verona University).

 

 

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