Da Tiziano a Rubens a Palazzo Ducale

Nella ricca Venezia fiorivano le arti e i commerci del più importante porto verso Oriente, mentre sulla riva destra della Schelda nella popolosa e florida città di Anversa ferveva il commercio del più importante porto verso Nord. Nel Cinquecento sulle strade che le uniscono viaggiavano le merci di tutto il mondo, e con loro le culture e le arti.

Nell’opulenza fiorirono botteghe e studi, il mercato produceva ricchezza e innovazione, si moltiplicarono gli stili e le tecniche si andarono contaminando. L’ambizione di Da Tiziano a Rubens. Capolavori da Anversa e da altre collezioni fiamminghe è riuscire a restituire il fermento culturale e economico che ha attraversato l’Europa tra il XVI e il XVII secolo, con il suo carico di storie e stili, opere e collezioni.

La produzione artistica di Anversa nel XVI secolo sfoggiava una straordinaria varietà tematica e stilistica, non è quindi facile definire il suo carattere, che arrivò ad avere maggiore omogeneità nel XVII secolo ma senza mai sviluppare uno stile peculiare vero e proprio. Con oltre 140 pezzi che comprendono opere assenti da secoli in laguna dove pure furono prodotte, o mai esposte fino a oggi al pubblico, provenienti dalle più prestigiose collezioni pubbliche e private di Anversa e delle Fiandre e da altri Musei e collezioni italiane e internazionali, la mostra vuole narrare la ricchezza, la complessità, le specificità e le relazioni di un territorio a cavallo di due secoli.

Molti artisti nel corso del XVI e XVII secolo partirono da Anversa per viaggi di studio in Italia, contribuendo a diffondere la conoscenza del Rinascimento nell’Europa settentrionale e riportandone suggestioni compositive e tecniche pittoriche ma anche spunti organizzativi, si pensi a come fosse strutturato il già allora celebre studio di Peter Paul Rubens [1577-1640], su esempio veneziano, e alla sua acquisita abitudine di dipingere a olio bozzetti e studi preparatori. Dodici opere di Rubens sono in mostra, tra le quali il Ritratto di giovane donna con una catena, elegante e forte, rinvenuto solo una decina di anni fa e per la prima volta esposto al pubblico, e il monumentale San Francesco d’Assisi riceve le stimmate. Di Anthony van Dyck [1599-1641], che di Rubens fu talentuoso erede, le opere in mostra sono sette, con i suoi ritratti vividi e immediati dalla forte caratterizzazione e abile pennellata, quali lo Studio per un ritratto di un alto funzionario di Bruxelles e il Ritratto di Johannes Malderus, anche questa opera di recente riscoperta qui esposta per la prima volta.

A Venezia sia Rubens che van Dyck devono avere visto il quadro che raffigurava la composizione Tobia e l’arcangelo Raffaele, opera che oggi si è rivelata come Ritratto di dama con la figlia. Il quadro incompiuto, che si ipotizza ritragga la donna amata Milia con la loro figlia, era nel suo studio quando Tiziano Vecellio [1488/90-1576] morì per un’epidemia di peste. Qualche apprendista di bottega poi ci dipinse sopra la scena religiosa, che ha attraversato i secoli. Nel 1948 il quadro è stato radiografato nel Courtauld Institute e diverso tempo dopo ripulito, in un lungo restauro durato oltre 20 anni, e ora dopo quasi mezzo secolo torna a Venezia. Il Tobia faceva parte della superba collezione Barbarigo, che sicuramente Rubens e van Dyck visitarono e che conteneva dipinti di tutte le fasi della carriera del maestro veneziano, di cui in mostra si può ammirare anche il magnifico Jacopo Pesaro presentato a San Pietro da Papa Alessandro VI.

Negli anni in cui Anversa fu capitale commerciale la notevole concentrazione di studi, botteghe e artisti produsse da subito una forte concorrenza e il proliferare di stili e maniere, con una certa tendenza alla specializzazione da un lato e alla versatilità degli artisti dall’altro. Maerten de Vos [1532-1603] dopo aver trascorso lunghi periodi a Roma e Venezia si costruì una solida fama come pittore di soggetti storici e ideatore di stampe, è qui presente con un importante nucleo di opere che comprende un tronie detto Studio di testa di uomo con la barba e il dipinto La calunnia di Apelle. Maestro di de Vos fu Frans Floris [1519-1570] esponente di successo della pittura storica, tra i primi a produrre in maniera sistematica studi di teste, o appunto tronies come vennero poi chiamati, oli su tavola dipinti velocemente e talvolta dal vivo, che entravano a far parte di repertori di teste che venivano poi usate in composizioni più studiate.

I suoi contemporanei WillemKey [1520ca-1568] e Adriaen Thomasz Key [1545ca-1589ca] pur formatisi nel solco della pittura storica si dedicarono poi alla produzione di ritratti di grande qualità. Nel lavoro degli artisti non mancarono gli esempi di commissioni eseguite da artisti diversi, come nel caso del Martirio di Sant’Apollonia realizzato nel 1628 da Jacques Jordeans [1593-1678], che aveva disegno sopraffino e passione per le scene storiche e mitologiche ed è qui presente con anche Amore e Psiche, considerato uno dei massimi capolavori dell’arte fiamminga. Jordeans dipinse il Martirio per uno degli altari laterali della Chiesa degli Agostiniani di Anversa, l’altro fu eseguito da van Dyck e Rubens fece la pala per l’altare maggiore. La commessa vide riuniti i tre grandi capofila del Barocco anversese, probabilmente guidati da Rubens, che di van Dick e Jordeans fu maestro e che non raramente ha prodotto opere a più mani coinvolgendo altri artisti. Rubens eccelleva in tutte le categorie, scene bibliche e mitologiche e ritratti, paesaggi e nature morte, disegnava progetti per frontespizi, arazzi, sculture, ed era un artista erudito che spaziava dalla cultura antica all’arte contemporanea, ancorando il passato al presente. Dirigeva uno studio ampio e indaffarato la cui struttura organizzativa seguiva il modello delle botteghe italiane, dove una mole enorme di lavoro veniva sbrigata con l’aiuto di numerosi assistenti. Ad Anversa lo studio di Rubens aveva un ruolo di spicco, e il suo predominio artistico e sociale nei Paesi Bassi meridionali superò abbondantemente
quello di Rembrandt, il suo pari olandese.

Nella seconda metà del XVI secolo Anversa fu protagonista degli scontri tra i protestanti del nord e i cattolici del sud guidati dalla Spagna, che nel 1585 conquistò la città. Il conflitto portò alla chiusura dei traffici navali sul fiume Schelda e fu la catastrofe economica. L’allontanamento dei mercanti comportò una fase di smantellamento che coinvolse anche la produzione degli studi e degli artisti, con migrazioni e riposizionamenti. La committenza nella parte meridionale dei Paesi Bassi continuò a sostenere il lavoro degli artisti, Chiesa, aristocrazia e borghesia non smisero il loro ruolo di committenti e collezionisti, mentre nella parte più a nord ci furono delle discontinuità. La fine della parabola non è stata comunque immediata e molti talenti sono fioriti anche a monte dell’esplosione demografica ed economica e della scissione.

Accanto ai grandi nomi della storia nella città nel XVI secolo si muoveva una folta comunità di artisti, che a loro volta viaggiavano, soggiornavano e operavano nelle città di mezza Europa. Molti di loro non erano originari di Anversa, metropoli cosmopolita e centro di solido influsso commerciale, finanziario e culturale, ma confluivano da altre città e cittadine, una situazione simile a quella di Venezia. Anversa era l’epicentro della pittura fiamminga, ma anche in altre città la produzione artistica era di valore. A Bruges, a Gent con i caravaggisti, e soprattutto a Bruxelles. La pittura dell’intera regione fiamminga mostra una sorprendente varietà e qualità di stili e temi a opera di artisti cosmopoliti. Theodoor van Loon [1582ca-1649] aveva a lungo soggiornato a Roma, emorì poi a Maastricht, ma a Bruxelles divenne uno dei primi caravaggisti nel sud dei Paesi Bassi. In esposizione, circondate da molti esempi della vitalità della produzione artistica fiamminga, a sua firma si trovano una splendida Pietà e una Sacra Famiglia di pari livello.

A Bruxelles operava anche Michaelina Wautier [1617-1689] una delle artiste donne degli inizi dell’età moderna. In mostra il suo particolare Ritratto di due fanciulle come Sant’Agnese e Santa Dorotea, con due ragazze in posa nei panni di giovani martiri. Altra mano femminile è quella di Clara Peeters, con una Natura morta con formaggi e burro, aragoste, gamberi, pane e vino e una Natura morta con pesce, aragoste, gamberi e ostriche. Di lei poco si sa, se non che dipingeva ad Anversa ed era specializzata in tale genere. La natura morta era con i paesaggi realistici, le scene storiche, mitologiche e religiose e le scene di vita quotidiana uno dei generi più diffusi. Nei trionfi di carni e nelle tavole imbandite compaiono a volte dei vetri, testimoni del virtuosismo degli artisti e della presenza anche nei floridi mercati di Anversa dei famosi vetri di Murano. Agli inizi del Cinquecento avevano aperto le prime botteghe maestri vetrai veneziani che in città producevano l’arte appresa in laguna, bicchieri, bottiglie e vasi in stile veneziano, vetri à la façon de Venise. In mostra alcuni dipinti che li ritraggono, tra i quali il raffinato Natura morta di fiori in un vaso di Daniel Seghers [1590-19661] e la sontuosa Natura morta di frutta con un calice à la façon de Venise di Jan Davidsz De Heem [1606-1684] e oltre 30 pregiatissimi pezzi del XVI e XVII secolo provenienti dalle collezioni del Museo del Vetro di Murano.

Un capitolo a parte merita il ritorno a Venezia dopo quasi 200 anni della pala d’altare che Tintoretto dipinse per la chiesa di San Geminiano, edificata nel 1557 nel cuore di Venezia, di fronte alla basilica di San Marco. Demolita nel 1807 la chiesa per volere di Napoleone, il dipinto L’angelo annuncia il martirio a Santa Caterina d’Alessandria passò in mani private, negli anni Ottanta fu acquistato dalla rockstar David Bowie e alla sua morte da un collezionista che lo ha affidato in prestito alla Rubenhuis, il museo della Casa di Rubens di Anversa. Oggi torna dove è stato creato, accompagnato da documenti storici sulla Chiesa di San Geminiano, opera dell’architetto Jacopo Sansovino.

Nella sua età dell’oro Anversa ha visto nascere una elite commerciale e politica che amava esibire il proprio status, con lusso e raffinatezza. Artisti, mobilieri, ceramisti, vetrai, tessitori, stampatori di libri e costruttori di strumenti musicali potevano contare su un fiorente mercato. Nelle case delle famiglie più benestanti si trovavano clavicembali e virginali prodotti nelle botteghe di Anversa. La più famosa e produttiva fu quella della famiglia Ruckers-Couchet, che introdusse importanti elementi innovativi e la standardizzazione nella produzione degli strumenti, che raggiungevano ogni angolo d’Europa.

Altra musica era prodotta dai musicisti che a Venezia facevano parte della comunità fiamminga qui stabilita nel periodo rinascimentale. A uno di loro venne affidata nel 1527 la più importante istituzione musicale veneziana, la cappella del doge, ovvero la Cappella della Serenissima Repubblica. Il fiammingo Adrian Willaert la guiderà fino alla sua scomparsa, nel 1562, circondandosi di validi musicisti fiamminghi e italiani coi quali portò nella musica occidentale numerose innovazioni. Per questo genere di musica è previsto un largo uso di strumenti a fiato, quali quelli presenti in mostra e costruiti dai Bassano, che nella prima metà del Cinquecento si stabilirono a Venezia sia come suonatori che come costruttori di strumenti, richiesti dai più prestigiosi committenti in tutta Europa, diventando una delle dinastie di costruttori più importanti del Rinascimento.

L’emergere della cultura aristocratica e borghese per la musica portò con se anche lo sviluppo delle edizioni musicali. Un settore in cui si cimentò anche l’editore di Anversa più famoso in assoluto, Cristophe Plantin [1520-1589]. Anversa ricoprì infatti un ruolo di spicco anche nella stampa dei libri, favorito dallo sviluppo in città di un settore finanziario in grado di sostenere gli investimenti dell’industria libraria e dalla presenza e disponibilità di un gran numero di artisti, e gli editori di libri, mappe, stampe avevano un mercato internazionale. In questo contesto nel 1549, quando in città operavano 140 editori/stampatori che producevano libri su qualsiasi argomento, Plantin aprì la sua attività e in breve tempo diventò il più importante di tutti, grazie anche alla decisione di sostituire le stampe in xilografia, più economiche e veloci, con stampe in acquaforte, non solo per le edizioni limitate. L’Officina Plantiniana aveva un capitale sufficiente a coprire le spese di produzione di grandi quantità di lastre di rame: per un’edizione della Descrittione di tutti i paesi bassi, altrimenti detti germania inferiore di Ludovico Guicciardini ne occorsero almeno sessanta. Alla fine del XVI secolo l’uso di incisioni e acqueforti per illustrare i libri era diventata pratica comune.

https://palazzoducale.visitmuve.it/it/mostre/mostre-in-corso/da-tiziano-a-rubens/2019/07/20453/da-tiziano-a-rubens/

Mostra DA TIZIANO A RUBENS Capolavori da Anversa e da altre collezioni fiamminghe:

Fino al 1 marzo 2020 Venezia, Palazzo Ducale – Appartamento del Doge

Orario: tutti i giorni 8.30 – 19.00 Ultimo ingresso 18.30

Pubblicato da Hélène Sadaune

Master II d'Histoire Moderne de la Sorbonne Paris IV, j'ai travaillé pendant plus de 20 ans pour la C.E. Résidente depuis plus de trente ans à Venise, guide conférencière à Paris et Venise, je suis une passionnée de la civilisation vénitienne et de cette ville hors-norme. Comptez sur moi pour vous tenir informé!

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