Gioielleria Dogale a Venezia

Gioielleria Oreficeria Dogale a Venezia

Una Wunderkammer di gioielli unici

La Gioielleria Dogale, fondata nel 1969,  è una gioielleria artigianale veneziana che ha saputo trasmettere il suo savoir-faire su tre generazioni: il padre Giorgio Berto ha insegnato la sua arte a suo figlio Alessandro e sua sorella Ursula.  Giorgio Berto lavora l’oro dal 1950, si inserì con passione ad imparare l’arte orafa nei laboratori orafi di Venezia. Grazie alla sua fantasia per disegnare i gioielli, imparò prestissimo l’arte dell’incassatura e dell’ incisione dei gioielli, elementi essenziali per la creazione di Moretti e altri gioielli storici. Dal 1980, anche i figli si sono inseriti nell’impresa per continuare assieme la tradizione del gioiello veneziano fatto a mano.

Riproducono in modo identico, con amore e rispetto per gli oggetti antichi veneziani, dei gioielli che fanno parte del patrimonio artistico ed artigianale veneziano ed italico, come il tradizionale Moretto Veneziano, gli anelli sigillo con pietre preziose o semipreziose intagliate ad arte, chiamata glittica, come cammei, sigilli su pietre corniole o diaspri e onici, statuette ecc. Senza dimenticare la loro specialità di anelli e gioielli teschio, ispirato al tema memento mori. Chi indossa questi gioielli non lo fa per un gusto macabro ma per ricordarsi della caducità della vita e per assaporare ogni istante della propria esistenza, secondo il famoso carpe diem.

Teschi momento mori

La Gioielleria Dogale ha sede nel sestiere di San Marco a Venezia, dietro il palazzo ducale, fatto il ponte della Canonica si arriva alla Ruga Santa Apollonia, la sede è a sinistra, ben prima di arrivare in campo San Giacomo e Filippo. Il negozio laboratorio è un’ autentica Wunderkammer dove si trovano tra i gioielli più originali di Venezia. Lì, si trova di tutto per donne e uomini:  gioielli in argento, in oro, in vermeil, con pietre preziose e semi-preziose, anelli, collane, orecchini, bracciali, spille, medaglie, pendenti e tanti altri gioielli caratterizzati da una forte personalità ed unicità. Questa produzione di gioielli in oro e pietre preziose sono esclusivi  e personalizzabili su richiesta, sempre realizzati a mano, teschi vanitas, pietre incise, gioielli con opali cangianti, di cui anche le più preziose, le opali australiane nere con una luce inconfondibile.

Gioielli tipici veneziani, i Moretti

Le spille o collane a forma di moro che si producono e si vendono in questo negozio sono gioielli della tradizione orafa veneziana. Le origini dei Moretti rimandano a tempi lontanissimi, quando i pirati saraceni infestavano le coste della Dalmazia. In età ellenistica a Fiume, in Istria, venivano prodotti gli orecchini d’oro e smalto bianco e nero, con funzione di talismano. Durante i secoli della grande paura dei Turchi Ottomani,  le popolazioni del litorale portavano sempre i moretti con loro e li donavano alle chiese in segno di ringraziamento per lo scampato pericolo. Di qui è venuto a Venezia l’amuleto, non per esorcizzare gli attacchi dal mare, ma a rappresentare il pirata Turco vinto da Venezia e i suoi Dogi, celebrato come trionfo e reinterpretato come ricco gioiello in oro e pietre preziose.

Uno dei riferimenti più celebri ai Mori è quello di Otello, il Moro di Venezia di Shakespeare. Il protagonista è appunto un Moro, generale nell’esercito veneziano. A Venezia i Mori sono un poco ovunque, esiste anche il Campo dei Mori. Stemmi nobiliari di famiglie con cognome Moro o con raffigurazioni di volti di “mori” in Venezia sono comuni. La torre dell’orologio in Piazza San Marco ad esempio ha due mori che battono le ore  – anche se in realtà i due personaggi sono due pastori probabilmente chiamati successivamente mori con l’ossidarsi del bronzo di cui sono composti. Nei primi del Cinquecento a Venezia sono stati dipinti svariati quadri in cui compaiono figure di islamici come quelli di Vittore Carpaccio, è curioso scoprire come Moresco, Moreschi, Morone, Moro, Moretto, Moretti, Morello, Moroni Dal Moro e così via da soprannomi questi divengano veri e propri cognomi. A Trento vi è un paese denominato Mori.

Tornando ai gioielli con i mori, sono oggetti tipici veneziani, cui la fantasia dei Veneziani ha dato luogo ad infinite variazioni sul tema: busto e turbante sono diventati uno spazio scenico dove si rappresentano le migliori tecniche apprese dall’oreficeria locale con trafori, incisioni, filigrane, ed anche con smalti a fuoco. L’artigiano usando la potenza del calore del forno, ed una antica tecnica, colora i gioielli nelle tonalità più svariate fra il rosso, il verde oppure il blu, con le teste quasi sempre in legno ebano, anche se esiste una variante in madreperla e in corallo.

Ma soprattutto, i mori costituiscono l’evoluzione dell’immagine di Baldassarre, il re magio d’Arabia. Baldassare, conosciuto anche come il Re Nero, è uno dei tre Re Magi della tradizione cristiana, assieme a Melchiorre e Gasparre.  In questa rappresentazione, Balthazar è spesso raffigurato con la pelle scura e l’abito tipico di un re africano. La sua presenza come Re Nero simbolizza l’universalità del messaggio cristiano, perché la venuta di Gesù è intesa come un dono per tutti i popoli.

Baldassare, la storia del re magio nero

L’iconografia dei Re Magi si estende su numerosi secoli e ha subito varie trasformazioni. Uno di loro, Baldassarre, ha addirittura cambiato aspetto nel corso della storia. I Re Magi venivano dall’Oriente, guidati da una stella. Al Divino Bambino appena nato a Betlemme, Gaspare, Melchiorre e Baldassarre portavano in dono: incenso, oro e mirra. L’incenso come simbolo di divinità, l’oro di regalità e la mirra di mortalità, essendo una resina con proprietà medicamentose che veniva utilizzata per l’imbalsamazione dei corpi. 

Soggetto classico nell’arte europea, i Re Magi dell’Epifania, celebrata il 6 gennaio, sono stati rappresentati molto spesso dagli artisti. Tanto che è impossibile non imbattersi, passeggiando per le sale dei musei, in queste celebri scene dell’Adorazione dei Magi. Ma tornando indietro nel tempo, un cambiamento colpisce: il mago africano non è sempre stato nero.  Per più di mille anni, Baldassarre è stato bianco. Di questi personaggi citati in un episodio del Vangelo secondo Matteo, in origine si sapeva ben poco. Il testo del Nuovo Testamento non menziona né quanti sono, né i loro nomi e tanto meno il loro titolo di Re. È solo nel Rinascimento che Baldassarre appare come un giovane africano dalla pelle nera. Questo cambiamento è il frutto di un’evoluzione lenta. Già nel Medioevo, quando il culto dei Re Magi diventa popolare, Baldassarre mostra tratti e capelli caratteristici dell’Africa subsahariana. Ne è testimone un bassorilievo datato intorno al 1265–1268, realizzato dallo scultore Nicola Pisano per il pulpito del Duomo di Siena, dove Baldassarre è accompagnato da cammelli. Questa convenzione che associa il mago all’Africa è visibile in numerose miniature della fine del Medioevo, anche affiancato a un paggio nero per indicarne l’origine.

La lunga evoluzione dell’immagine di Baldassarre

Alla fine del XV secolo, la rappresentazione del re Baldassarre evolve. Nell’epoca in cui la tratta degli Africani è in pieno sviluppo e le persone transitano tra l’Africa subsahariana, l’Europa e le Americhe, il re magio è sempre più spesso rappresentato nelle scene dell’Adorazione con la pelle nera. Prima nelle Fiandre, poi in Italia. In Europa, la presenza di schiavi al servizio dei potenti fornisce dei modelli agli artisti. Per questi ultimi, dipingere un incarnato nero rappresentava una sfida pittorica. Nelle opere dell’Adorazione dei Magi, Baldassarre ringiovanisce. Da vecchio barbuto, passa ad un aspetto adolescenziale. Riccamente vestito e spesso adornato con un orecchino, il giovane uomo si impone nelle opere di Hugo van der Goes, Hans Memling, Brueghel il Vecchio, Albrecht Dürer e anche di Andrea Mantegna, che lavorava alla corte di Mantova, dove dei domestici neri erano al servizio di Isabella d’Este.

Nei secoli successivi, il tema dell’Adorazione dei Magi continua a ispirare i più grandi artisti, che esaltano la portata universale del messaggio cristiano, come Velázquez o Rubens, autore di una decina di dipinti sull’argomento nel corso della sua carriera. Nel XVIII secolo, Baldassarre resta un modello nero, ma non è più l’unico africano ad essere rappresentato dai pittori europei. Gli altri? Dei domestici. La loro pelle nera serve a valorizzare il candore del loro padrone o padrona accanto ai quali posano.  Al contrario, il re magio Baldassarre incarna un personaggio nobile, nero,  maestoso, regale, e rappresenta la personificazione del continente africano. Un gioiello dunque che ha tutta una sua storia.

I Moretti sono stati apprezzati anche da VIP  come Grace Kelly, Elena di Spagna, Ernest Hemingway, Elton John, Diana Vreeland, li indossava l’icona di stile Iris Apfel che amava i modelli ricchi di perle. André Leon Talley, braccio destro di Anna Wintour scomparso nel 2022, unico giornalista di moda nero e direttore artistico di Vogue, indossava spesso una imponente spilla di busto di moro alle sfilate di moda. Lo scomparso finanziere Robert Zellinger de Balkany era un altro appassionato di Moretti nonché di Cavalli, perché era anche un campione di Polo.  L’attrice Julia Jäger invece indossa una parure di Mori nella serie TV tedesca del 2020 “Il commissario Brunetti” e Denise Bradley, amica di Barak Obama, ne ha acquistato uno, a dimostrazione che il Moretto veneziano non è razzista. Anzi. È stato il primo gioiello a porre la pelle nera in un contesto regale e biblico.

Gioielleria Dogale

Ruga Santa Apollonia 4318 (Castello 4318), Venezia

Tel. +39 041 5287549

Mobile + 39 3299143598

email: [email protected]

https://www.gioiellivenezia.com/

instagram: @dogalejewellery

Pubblicato da Hélène Sadaune

Master II d'Histoire Moderne de la Sorbonne Paris IV, j'ai travaillé pendant plus de 20 ans pour la C.E. Résidente depuis plus de trente ans à Venise, guide conférencière à Paris et Venise, je suis une passionnée de la civilisation vénitienne et de cette ville hors-norme. Comptez sur moi pour vous tenir informé!

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