Il castello di Barbablù di Bartók e A Hand of Bridge di Barber alla Fenice


La crisi dei legami di coppia, visto attraverso diversissime chiavi di lettura, è il tema comune alle due opere che, in dittico, compongono l’attuale spettacolo della Stagione Lirica e Balletto 2019-2020 della Fondazione Teatro La Fenice di Venezia. A Hand of Bridge di Samuel Barber – una novità assoluta per il pubblico veneziano – e Il castello del principe Barbablù (A kékszakállú herceg vára) di Béla Bartók sono in scena al Teatro La Fenice in un nuovo allestimento onirico sublime di Fabio Ceresa, le scene di Massimo Checchetto, i costumi di Giuseppe Palella e il light design di Fabio Barettin, una squadra vincente per uno spettacolo fiabesco.

Sul podio dell’Orchestra del Teatro La Fenice, un graditissimo ritorno, quello del maestro venezuelano Diego Matheuz, direttore principale della compagine fenicea dal 2011 al 2015. La replica di martedì 21 gennaio ore 19.00 sarà trasmessa in diretta sulle frequenze di Rai Radio3.

 


A Hand of Bridge del compositore americano Samuel Barber (1910-1981) su libretto di Gian Carlo Menotti (1911-2007) è probabilmente l’opera più breve regolarmente eseguita in un palcoscenico lirico. Dura infatti solo nove minuti, il tempo di una mano di bridge ‘cantata’ da due coppie di amici, entrambe infelicemente sposate: l’avvocato Bill con sua moglie Sally, l’uomo d’affari David con la consorte ‘di mezza età’ Geraldine.

La ‘brevità’ di questa composizione è legata alla sua specifica committenza: lo stesso Menotti, nell’ambito del Festival dei Due Mondi da lui fondato solo l’anno prima (1958), inventò una serie di concerti/performance intitolati Fogli d’album, chiedendo a diversi musicisti di creare partiture dalla durata complessiva che oscillasse tra i tre e i quindici minuti. La prima rappresentazione assoluta di questa ‘micro-opera’ debuttò quindi nell’ambito della seconda edizione della manifestazione umbra, e in particolare al Teatro Caio Melisso di Spoleto, il 17 giugno 1959, con la direzione musicale Robert Feist e nell’interpretazione del baritono René Miville (David), del soprano Patricia Neway (Geraldine), del tenore William Lewis (Bill) e del contralto Ellen Miville (Sally). Come da tradizione menottiana, l’atto unico andò poi in scena l’anno successivo, il 6 aprile 1960, negli Stati Uniti nell’ambito della ‘sezione americana’ della kermesse chiamata Spoleto Festival USA.

Le coppie infelici e ‘verosimili’ di Barber faranno da prologo a un’altra coppia – stavolta del tutto fiabesca – dal legame controverso, quella composta da Judit e Barbablù, protagonisti dell’atto unico A Kékszakállú herceg vára (letteralmente Il castello del duca Barbablù) di Béla Bartók (1881-1945).

Prima e unica opera per il teatro del compositore ungherese, la partitura fu conclusa nella sua prima stesura a Rákoskeresztúr (oggi un distretto della capitale ungherese) il 20 settembre 1911, per poi essere spedita a un concorso organizzato dal Lipótváros Casino di Budapest, dal quale però venne bocciata. Bartók ne riscrisse il finale l’anno successivo; un terzo finale fu composto nel 1918 (anno in cui, il 24 maggio, si ebbe la sua prima rappresentazione al Teatro dell’Opera di Budapest) mentre la revisione definitiva risale al 1921. Il libretto, firmato dal poeta Béla Balázs (1884-1949), è basato sul personaggio narrato in La Barbe Bleue (1697) di Charles Perrault e nel dramma Ariane et Barbe Bleue (1901) di Maurice Maeterlinck. Nella versione di Balázs, i personaggi sono di fatto tre: Barbablù, l’ultima moglie Judit e il castello: che non canta ma che «trema», «sanguina», «s’illumina» e «si rabbuia».

In Balázs figura anche un bardo, recitante un prologo parlato che reca in sostanza l’avvertimento che la vicenda messa in scena è solo il pretesto per la simbolica rappresentazione di un dramma interiore, dove si gioca il conflitto tra desiderio e impotenza, luminosa sensibilità femminile e meccanica ottusità maschile. Il lavoro mette in luce gli ultimi legami del trentenne Bartók con le risorse musicali della drammaturgia simbolista ed espressionista: si nota, allo stesso tempo, l’urgenza tipica in Bartók di innovare il linguaggio attingendo dal repertorio popolare della sua terra.


Il cast impegnato in questa nuova produzione fenicea è di assoluto prestigio: il soprano Ausrine Stundyte (Geraldine, Judit) e il basso-baritono Gidon Saks (David, Barbablù) saranno impegnati in entrambe i titoli, affiancati dal tenore Christopher Lemmings (Bill) e dal mezzosoprano Manuela Custer (Sally) nel Bridge di Barber, e da Karl-Heinz Macek (prologo recitato) nel Barbablù di Bartók.

In scena anche i danzatori della Fattoria Vittadini (Noemi Bresciani, Maura Di Vietri, Sebastiano Geronimo, Pia Mazza, Samuel Moretti, Francesca Penzo, Filippo Porro, Filippo Stabile), interpreti dei movimenti coreografici ideati da Mattia Agatiello.


Lo spettacolo, proposto in lingua originale con sopratitoli in italiano e in inglese, sarà in scena dal venerdì 17 gennaio 2020,  poi la domenica 19 gennaio,  martedì 21 gennaio ore 19.00 ; giovedì 23 gennaio ore 19.00 e sabato 25 gennaio ore 15.30.

www.lafenice.it

 

Pubblicato da Hélène Sadaune

Master II d'Histoire Moderne de la Sorbonne Paris IV, j'ai travaillé pendant plus de 20 ans pour la C.E. Résidente depuis plus de trente ans à Venise, guide conférencière à Paris et Venise, je suis une passionnée de la civilisation vénitienne et de cette ville hors-norme. Comptez sur moi pour vous tenir informé!

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