L’Elisir d’Amore di Donizetti alla Fenice

Con la direzione musicale di Jader Bignamini e la partecipazione dell’acclamato tenore Celso Albelo nei panni di Nemorino, torna sul palcoscenico del Teatro La Fenice L’elisir d’amore di Gaetano Donizetti: per tutto il periodo carnevalesco, dal 15 febbraio al martedì grasso 25 febbraio 2020, il grande classico donizettiano, tra i titoli più amati del repertorio ottocentesco, sarà in scena nel frizzante allestimento della Fondazione Teatro La Fenice firmato dal regista Bepi Morassi, con le scene e i costumi di Gianmaurizio Fercioni, il light design di Vilmo Furian e i movimenti coreografici di Barbara Pessina. Nove le recite in programma: il 15, 16, 18, 19, 20, 21, 22, 23 e 25 febbraio per il carnevale di Venezia.

Melodramma giocoso in due atti su un libretto di Felice Romani tratto dal libretto francese Le Philtre di Eugène Scribe, L’elisir d’amore fu presentato il 12 maggio 1832 al Teatro alla Canobbiana di Milano e segnò la definitiva consacrazione di Donizetti in quella piazza, dopo il lusinghiero trionfo di Anna Bolena (1830) e l’esito incerto di Ugo conte di Parigi (1832). Fin dalla prima, L’elisir d’amore è divenuto un classico dell’opera ottocentesca: un classico un po’ atipico, giacché non condivide con la stragrande maggioranza delle grandi opere d’epoca romantica l’appartenenza al genere serio. Nemmeno le coordinate della tradizionale opera comica ne rendono tuttavia conto appieno, e L’elisir d’amore sarebbe piuttosto da ascrivere a quel genere intermedio,  definito come «opera semiseria» o «comédie larmoyante», che dalla seconda metà del Settecento fino all’Ottocento inoltrato – con titoli quali Cecchina o sia La buona figliola, Nina pazza per amore, La gazza ladra – si era fatto principale veicolo d’identificazione borghese, ponendo in primo piano la serietà del contenuto sentimentale, inteso come edificante strumento di commozione.

Con l’eccezione del ciarlatano Dulcamara, che fin dallo ‘sdottoreggiante’ e verboso esordio in versi sdruccioli appare in tutto e per tutto riconducibile alla categoria del basso buffo settecentesco, l’assimilazione di toni sentimentali consentì a Donizetti e Romani un’umanizzazione dei caratteri, da intendersi come superamento delle tipologie settecentesche ancora ben presenti al pubblico italiano grazie alla circolazione dei capolavori comici di Rossini. Emblematici della diversa opzione donizettiana sono la malinconica aria conclusiva di Adina «Prendi, per me sei libero» ed il canto spianato che caratterizza il ruolo di Nemorino come tenore di grazia, come testimonia il più celebre brano dell’opera  «Una furtiva lacrima».

Il doppio cast di questa ripresa dell’allestimento feniceo è formato dal soprano Damiana Mizzi in alternanza con Veronica Marini nel ruolo di Adina, dal tenore Celso Albelo in alternanza con Leonardo Cortellazzi in quello di Nemorino, dal baritono Julian Kim in alternanza con Marcello Rosiello in quello di Belcore, dal basso Marco Filippo Romano in alternanza con Francesco Vultaggio in quello del dottor Dulcamara e dal soprano Arianna Donadelli in quello di Giannetta. Jader Bignamini dirigerà l’Orchestra e il Coro del Teatro La Fence, maestro del Coro Claudio Marino Moretti, maestro al fortepiano Roberta Paroletti.

www.teatrolafenice.it

Pubblicato da Hélène Sadaune

Master II d'Histoire Moderne de la Sorbonne Paris IV, j'ai travaillé pendant plus de 20 ans pour la C.E. Résidente depuis plus de trente ans à Venise, guide conférencière à Paris et Venise, je suis une passionnée de la civilisation vénitienne et de cette ville hors-norme. Comptez sur moi pour vous tenir informé!

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