Michele Borgo, agricoltore di carciofo violetto

Il testo di questo articolo è tratto dal sito “Storie di chi” http://storiedichi.com

di Silvia Zanardi, con cui abbiamo il piacere di collaborare.

 

“Il silenzio, i ritmi della terra e del sole: ecco perché abbiamo deciso di crescere qui i nostri figli”

Lio Piccolo – Sembra impossibile che esistano strade così, per arrivare a casa. Strade che attraversano il paesaggio incantato della laguna di Venezia e delle sue barene, che a ogni stagione cambiano vegetazione, colori e “abitanti” dalle ali sinuose: aironi, garzette e, almeno una volta all’anno, i fenicotteri rosa. A casa di Michele Borgo ci si arriva solo se si vuole, perché la strada che porta ai suoi campi non è meta di turismo. E forse è un bene.

La “caccia al tesoro” per andare a trovarlo e interromperlo nel suo lavoro dipinto di viola inizia e finisce a Lio Piccolo, nella penisola di Cavallino Treporti: uno scrigno di bellezza della laguna veneziana, conosciuto forse più dai campeggiatori tedeschi del litorale che da chi ce l’ha dietro l’angolo.

Michele Borgo coltiva 12.000 piante di carciofo violetto, il carciofo tipico delle isole veneziane (in particolare dell’isola di Sant’Erasmo), tutelato da un marchio che solo 13 produttori sono autorizzati a usare. Più che “coltiva”, bisognerebbe dire che Michele “cura” le sue piante, perché, da solo e senza dipendenti, si prodiga per il loro benessere 9 mesi all’anno. Una “gestazione” che deve procedere in modo impeccabile per assicurare il successo di due mesi e mezzo di vendita: il 60 per cento dei prodotti è destinato ai privato, il resto alla grande distribuzione e ai mercati.

Sono in tanti, nel silenzio e nell’umida afa estiva, ad arrivare alla casa rossa della famiglia Borgo. Nei week-end di aprile, maggio e giugno vanno e vengono centinaia di macchine, per riempire il bagagliaio di preziose rarità che crescono e prosperano sotto il sole di Lio Piccolo.

Ci sono giorni in cui non riesco a soddisfare tutte le richieste, ma lusinga vedere questo grande interesse per un prodotto tipico della nostra laguna”, dice Michele. Dal taglio della “castraura” (il primo frutto del carciofo), il cui termine è a uso esclusivo dei soci del consorzio, alla fase del “botolo”, all’ “articioco”, o carciofo vero e proprio, ogni singola pianta subisce circa quindici tagli all’anno, per poi concludere il suo ciclo naturale con i fondi e la tipica fioritura violetta.

Michele si è messo a coltivare carciofi violetti, orgogliosi della loro certificazione di presidio Slow Food, all’inizio degli anni duemila. “Ma io sono veneziano, di Cannaregio – racconta – Mio padre ha comprato questa casa dagli Armeni negli anni Ottanta: quelli sì erano tempi d’oro per gli investimenti”. “Per un periodo ha continuato ad abitarci un anziano mezzadro, poi io e mia moglie Marica ci siamo trasferiti qui con la voglia di mettere su famiglia e dedicarci all’agricoltura. Eravamo, e siamo, innamoratissimi. L’unico nostro desiderio, allora come oggi, è vivere con e per la natura”.

A ruota, dal loro sogno, sono nati Matteo (12 anni), Matilde (6) e Marco (4), che sembrano molto felici di correre fra piante di carciofo più alte di loro. Michele dice una cosa bella: “Non tornei mai indietro, non riuscirei a immaginarmi lontano dal lavoro e dalla vita che ho scelto. Sono contento che i nostri figli partano da qua, da questa realtà, per intraprendere un domani la propria vita: apprezzare questi ritmi e farli propri è un patrimonio importante per qualsiasi tipo di futuro”.

Michele e Marica sono entrambi laureati in agraria. Marica lavora nell’ufficio Coldiretti di Ca’ Savio (una frazione di Cavallino-Treporti): “Solo con i carciofi non saremmo in grado di mantenere una famiglia con tre figli, ma siamo felici di dedicarci al settore che abbiamo scelto per passione“.

Perché non c’è ricchezza più grande di quella che ti fa sentire, ogni giorno, nel posto giusto.

 

Tutte le foto presenti sono proprietà di Silvia Zanardi, Storiedichi.com

 

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Pubblicato da Silvia Zanardi

Lavoro fra Venezia e Milano e giro per l'Italia alla ricerca di storie. Collaboro con il gruppo l'Espresso, il magazine del Touring Club e il blog "The Perfect Job". Ho fondato il magazine "Storie di chi" per raccontare storie di persone che amano il proprio mestiere e l'ambiente in cui vivono.

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