Ottone in villa di Antonio Vivaldi

È con Ottone in villa di Antonio Vivaldi che la Fenice ha riavviato la sua attività lirica. Il titolo proposto è il primo della lista nel catalogo operistico del veneziano, e è stato presentato in un nuovo allestimento con a sua volta al debutto su questa partitura un esperto della musica del Prete rosso quale è Diego Fasolis.

Il maestro ha guidato l’Orchestra del Teatro La Fenice e un cast di barocchisti di assoluto prestigio composto da Giulia Semenzato (Cleonilla), Sonia Prina (Ottone), Lucia Cirillo (Caio Silio), Valentino Buzza (Decio) e Michela Antenucci (Tullia). La messinscena è firmata da Giovanni Di Cicco, con le scene di Massimo Checchetto, i costumi di Carlos Tieppo e il light design di Fabio Barettin.

Dramma per musica in tre atti su libretto del napoletano Domenico Lalli, basato sul libretto Messalina di Francesco Maria Piccioli, Ottone in villa rappresenta il debutto operistico di Antonio Vivaldi (1678-1741). Andò in scena per la prima volta il 17 maggio 1713 a Vicenza, un centro musicale periferico che per lo più fino a quel momento aveva importato repertorio operistico dalla vicina Venezia. Nel 1713 però, con l’apertura del
nuovo Teatro delle Grazie, si optò per un lavoro inedito in un’ottica di rivalità nei confronti del più antico Teatro di Piazza o delle Garzerie. Ecco dunque la commissione al Prete rosso, a quel tempo ritenuto uno dei più importanti compositori strumentali e proprio dal 1713 ‘promosso’ maestro di coro all’Ospedale della Pietà di Venezia. «Il coraggio della Fenice di riaprire appena possibile con un’opera in scena e farlo con Vivaldi mi riempie di gioia e orgoglio – ha dichiarato il direttore Diego FasolisEccoci quindi a poter offrire la versione integrale di un capolavoro che sgorga direttamente dai successi strumentali del Prete rosso. Alcune arie saranno riprese in altre opere e alcuni noti brani strumentali sono affidati alle voci. Affronto per la prima volta questo titolo e sono entusiasta di trovare tanta sapienza e freschezza».

Proposto nell’edizione a cura di Eric Cross, Ottone in villa si caratterizza per le sue piccole proporzioni: solo cinque cantanti senza coro e un organico orchestrale di dimensioni ristrette. Leggero e amorale è anche l’intreccio, che racconta le trame della civettuola Cleonilla, la quale ha sempre il sopravvento sul credulo imperatore Ottone, una figura tutt’altro che eroica. «Si tratta di un’opera ‘seria’ che ha molto di buffo – continua Fasolis –.Ottone è ingenuo, Cleonilla lo tradisce abbondantemente e in maniera insidiosa, il suo primo amante Caio Silvio si strugge, Tullia si trasforma in Ostilio per perorare la propria causa amorosa presso Caio e non riuscendoci sollecita Cleonilla che cede, Decio osserva e protegge Ottone in una successione di equivoci consentiti dal fatto che gli altri ruoli maschili o femminili sono affidati a voci acute di donne e di un castrato. Ogni personaggio ha diverse arie di carattere diverso in cui esprimersi. Non dobbiamo mai pensare a temi conduttori o identificazioni musicali unitarie per i personaggi dell’opera barocca.  La varietà e la ricchezza di affetti viene distribuita fra tutti».

La drammaturgia, la regia e i movimenti scenici e coreografici dello spettacolo sono stati ideati nel completo rispetto dei protocolli di salute e sicurezza imposti dall’emergenza sanitaria Covid-19. Le limitazioni imposte sono state interpretate in un’ottica di sfida e di opportunità per dare vita a un allestimento innovativo dal punto di vista della messinscena e della fruizione.

«Dobbiamo partire dal fatto che la distanza cui siamo necessariamente obbligati – spiega il regista Giovanni Di Ciccoallontana ciascuno dalla relazione con il resto del mondo. Questo mi sembra qualcosa di poco ‘umano’, che rende la storia raccontata da Ottone in villa una sorta di cinguettio, o per meglio dire una richiesta d’ascolto. Non tanto per la vicenda in sé, perché a ben guardare il suo plot narra quello che tutti vorremmo per noi stessi, cioè, in poche parole, essere amati e ascoltati. La trama di quest’opera non è tra le più avvincenti, ma quello che invece assume un’importanza fondamentale è la necessità di celebrare la musica in uno spazio che per forza di cose fuoriesce dalla tradizione teatrale. La
non-relazione è uno dei riferimenti sui quali ora come ora bisogna lavorare, attraverso la regia, gli interpreti, i musicisti. Questo spazio ‘anomalo’ crea delle solitudini, e a ben guardare c’è un nesso con l’opera di Vivaldi e Lalli, perché anche al suo interno sono descritte delle solitudini. Il compito che ci è richiesto è partire dalla situazione in cui ci troviamo per risvegliare quel racconto, dando spazio alla musica».

www.teatrolafenice.it

Pubblicato da Hélène Sadaune

Master II d'Histoire Moderne de la Sorbonne Paris IV, j'ai travaillé pendant plus de 20 ans pour la C.E. Résidente depuis plus de trente ans à Venise, guide conférencière à Paris et Venise, je suis une passionnée de la civilisation vénitienne et de cette ville hors-norme. Comptez sur moi pour vous tenir informé!

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