Venezia e l’arte di Jheronimus Bosch

Sono almeno tre i motivi che hanno portato alla realizzazione, a Venezia, della straordinaria mostra su Jheronimus Bosh ospitata fino al prossimo 4 giugno nelle prestigiose sale dell’Appartamento del Doge, a Palazzo Ducale. Anzitutto, i cinquecento anni dalla morte del grande artista olandese (vissuto tra il 1450 e il 1516), già celebrati con due grandi mostre monografiche: una nella sua citta natale ‘s-Hertogenbosch (Boscoducale) in Olanda; l’altra in Spagna, al Prado di Madrid, dove sono conservati alcuni dei suoi massimi capolavori. Il secondo motivo: Venezia è l’unica città in Italia a custodire, nelle Gallerie dell’Accademia, tre grandi opere di Bosch recentemente restaurate e riportate al loro antico splendore. La terza ragione, forse meno nota delle prime due ma non meno importante: in quegli anni nella città lagunare era cresciuto un particolare gusto per il sogno e le visioni oniriche che nei salotti culturali dell’epoca diventava occasione di discussioni filosofiche e morali. Fra i principali protagonisti di questa tendenza, il cardinale Domenico Grimani, che aveva voluto arricchire le sue già preziose collezioni con alcuni capolavori del pittore fiammingo noto per le sue creature fantastiche mostruose, per le immagini deformi e grottesche, per gli sguardi su panorami notturni da incubo.

Jheronimus Bosch e Venezia oltre a proprorre le straordinarie opere – due trittici e quattro tavole – dell’artista fiammingo, accompagna il visitatore in quella Venezia che, oltre al classicismo tizianesco tanto amato e tipico dell’epoca, si faceva catturare anche da quest’arte enigmatica e ambigua, ricca di visioni infernali, “chimere e stregozzi”, esplorando il forte legame di certi ambienti culturali con la cabala ebraica e la cultura giudaica in generale.

In mostra, a far da contesto ai capolavori di Bosch, anche cinquanta altre opere provenienti da collezioni internazionali pubbliche e private: dipinti di Jacopo Palma Il Giovane, Quentin Massys, Jan Van Scorel, Joseph Heintz, disegni e bulini di Durer, Bruegel, Cranach e Campagnola, bronzi e marmi antichi, volumi a stampa, preziosi e rari manoscritti fra cui l’eccezionale Breviario Grimani (1515-1520 c.) con le sue 110 miniature, forse il più bello e il più importante tra i manoscritti miniati prodotti all’epoca nelle Fiandre.

La mostra propone inoltre, alla fine del suo persorso, un “viaggio” emozionante che – indossando gli Oculos – immergerà il visitatore nell’universo fantasmagorico di Bosch e delle sue Visioni dell’Aldilà, facendolo entrare virtualmente negli anfratti di quell’Inferno e nelle luci di quel Paradiso che l’artista aveva voluto immaginare.

 

Pubblicato da Cristina Campolonghi

Cristina Campolonghi, laureata in Lettere, giornalista professionista prima al quotidiano Il Gazzettino di Venezia poi alla redazione veneta della Rai. Collabora con riviste, siti web, uffici stampa. Cronista attenta ai diversi aspetti della sua città e della sua regione: cultura, società, costume, turismo, ambiente

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